La comprensione in psichiatria e in psicologia

Comprensione

“La comprensione è il ritrovare l’io nel tu”

(Wilhelm Dilthey)

Chi sono

Sono uno psichiatra e psicoterapeuta, membro della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia, legalmente riconosciuta dal MIUR, dell’Istituto CESAD (Centro Studi Analisi Dialettica), che si trova a Genova in Via Maragliano 8/5 (tel. 010-580903).

Lavoro come dirigente medico presso la Clinica Psichiatrica dell’Ospedale San Martino di Genova.

Oltre alla mia attività clinica, vorrei condividere alcuni argomenti di mio particolare interesse:

  • Come si può entrare autenticamente in relazione con il paziente affetto da un disagio psicologico o psichiatrico?
  • Il significato della psicoterapia: è possibile sviluppare un metodo scientifico alla base di essa?
  • L’essere umano si identifica con il suo corpo meccanico, con la mente e il cervello, o possiede una sua forma di autonomia e di libertà individuale?

Il metodo della comprensione

In questo sito, come si può vedere nel menu iniziale, viene analizzato e commentato il contributo di psicoterapeuti come E. Fromm, C. Rogers, V. Frankl,  L. Binswanger, E. Minkowski.

Essi sono autori di riferimento nella Scuola di Specializzazione in Psicoterapia dell’Istituto CESAD, rivolta a medici e psicologi.

Tali autori, partendo da esigenze cliniche, hanno sentito il bisogno di integrare le competenze scientifiche naturali con un metodo che comprendesse l’immedesimazione nei sentimenti dell’interlocutore: il paziente è da loro considerato non come un oggetto, ma come un altro soggetto, una parte di me, che soffre perchè ha subìto un arresto del dialogo interiore che si deve riattivare.

Questo è il punto di vista psicologico della comprensione: si parte dall’analogia tra i miei stati d’animo e quelli dell’individuo di fronte a me.

Il metodo della comprensione dei sentimenti umani non si oppone a quello della scienza naturale, ma lo completa.

Dalla filosofia alle scienze psicologiche.

La psicologia della comprensione nasce, in Occidente, con Socrate: il filosofo greco ha fatto sua l’affermazione “Conosci te stesso”, un tempo visibile sul tempio di Apollo a Delfi.

Si sviluppa in modo significativo, in epoca moderna, con il contributo di A. Schopenhauer, di F. Nietzsche, della fenomenologia di E. Husserl e della corrente esistenzialistica (M. Heidegger, K. Jaspers, M. Boss).

Abbiamo applicato queste visioni filosofiche alla psicoterapia, al fine di considerare non solo la biologia ed il comportamento umano (che cosa il soggetto ha), ma anche il senso dell’esistenza dell’individuo (come il soggetto è).

La psicopatologia diviene una scienza proficua quando il ricercatore riesce a padroneggiare con equilibrio sia il metodo biologico della spiegazione naturale, sia il metodo personologico della comprensione.

In questo sito è presente anche un’analisi critica della psicoterapia cognitiva di A. T. Beck: sono messi in luce i contributi di questo autore, i punti in comune con la nostra Scuola ed alcune differenti visioni dei rapporti tra pensiero e sentimento umano.

La contraddizione della psicologia moderna.

La psicologia nasce dall’interesse per l’esperienza del soggetto, del singolo individuo, che si vorrebbe analizzare da una prospettiva non più metafisica (come nelle religioni e nelle filosofie spiritualistiche), ma scientifica.

Si pone però un problema fondamentale: quanto più la psicologia moderna si sforza di essere oggettiva per aspirare all’universalità, tanto più si deve spogliare dell’elemento soggettivo.

È proprio quest’ultimo, tuttavia, a conferire originalità alla vita psichica dell’individuo.

I fondamenti della psicologia della comprensione.

Ogni scienza, sia naturale che umana, necessita di enti fondamentali a priori che presuppongano la validità dei propri contenuti.

La fisica, ad esempio, tra i suoi principi di base, presuppone l’esistenza di un’energia che non si crea nè si distrugge, che resta invariata secondo il principio di conservazione, nonostante le sue infinite trasformazioni.

La geometria propone, come enti fondamentali, il punto, la retta ed il piano.

Il punto non ha dimensioni, la retta è un insieme infinito di punti adimensionali, il piano è una realtà priva di spessore.

Sembrano entità indefinibili nell’esperienza concreta. In effetti lo sono, perché sono i presupposti di ogni oggetto percepibile in natura.

Sono i fondamenti di una scienza esatta, fondata su termini matematici.

In psicopatologia, analogamente, dobbiamo utilizzare termini di base apparentemente astratti, ma fondamentali per definire tutti i fenomeni psichici: soggetto, oggetto, riflessione, dialettica.

Il soggetto

Partiamo dal soggetto. Che cos’è? Innanzitutto non è una cosa: altrimenti sarebbe un oggetto! È un principio immanente ad ogni nostro sentimento, pensiero o esperienza, nel quale affermiamo implicitamente la nostra esistenza.

È il sentimento di esistenza che avvertiamo in noi (“Io sono“), di per sè verificabile nella nostra interiorità.

Il soggetto è un termine ineliminabile: quando io immagino un evento, ne faccio sempre parte.

Ad esempio, posso immaginare me stesso mentre attendo l’autobus alla fermata. Oppure, che sia uno sconosciuto ad aspettare l’autobus. Anche in quest’ultima rappresentazione mentale, tuttavia, io sono presente: nei panni dell’osservatore, del “regista” della scena.

È impossibile uscire dal ruolo di soggetto. Io sono presente all’interno di qualsiasi realtà che posso concepire o immaginare, e ne faccio sempre parte.

Questo presuppone che “io sono“.

Socrate affermava che posso convincermi dell’inutilità di ogni mia conoscenza, o anche di essere totalmente ignorante.

“Io non so nulla”, ma paradossalmente questa verità implica qualcosa di innegabile: che io esisto, voglio conoscere ed affermare me stesso

L’altro come parte di me.

Il soggetto acquisisce consapevolezza di sè attraverso la relazione con le altre persone e la comprensione delle analogie con se stesso.

Possiamo considerare qualunque altra persona come un soggetto a me analogo, ovvero come un “oggetto-Sè” (termine proposto da H. Kohut): l’altro come parte di me.

Attribuisco il ruolo di soggetto all’altro quando individuo in lui, tramite una spontanea immedesimazione, un’attività psichica equiparabile alla mia, diversa dal passivo insieme di automatismi “stimolo-risposta” che costituiscono un automa o un computer. Le macchine sono semplici oggetti.

L’oggetto è ciò che il soggetto non è, ma che il soggetto ha ed utilizza come strumento per affermarsi: la materia, l’ambiente in cui viviamo, il nostro stesso corpo.

La realtà oggettuale è un’energia passiva, subordinata alle categorie di spazio, tempo ed ai principi meccanici di causalità e necessità.

La relazione dialettica intersoggettiva è il motore stesso della vita psichica: io comprendo me stesso attraverso il rapporto ed il conflitto con l’altro. E come? Attraverso la comunicazione.

Con la comunicazione siamo sempre “costretti” ad esprimere la nostra spontaneità.

Uno dei meriti di P. Watzlawick è stato quello di individuare una fondamentale legge della comunicazione, che costituisce un assioma (ovvero una verità evidente di per sè):

È impossibile non comunicare“.

Anche il rifiuto di parlare e di confrontarsi fa parte della relazione con l’altro: possiamo così trasmettere messaggi significativi di sfiducia, di sfida, di disprezzo o di rinuncia. Sono comunicazioni potenti, che arrivano alla comprensione del nostro interlocutore in modo immediato.

Quando l’individuo non parla, inoltre, la comunicazione non verbale è un incisivo modo di esprimere il suo punto di vista su qualsiasi realtà.

Che ne siamo consapevoli o no, siamo tutti interconnessi da relazioni, nelle quali costantemente comunichiamo con gli altri. Attraverso questo processo conosciamo il mondo e noi stessi.

Siamo “costretti” ad essere spontanei.

E’ una contraddizione originaria, da cui nascono le relazioni interpersonali.

La riflessione: comprendere se stessi attraverso il mondo.

L’esperienza di esistere non avrebbe significato senza il contatto con il mondo: un ente che apparentemente è altro da me, ma che in realtà è la rappresentazione di me stesso e dei miei problemi irrisolti (secondo gli insegnamenti di A. Schopenhauer).

La conoscenza di noi stessi avviene attraverso la riflessione sulle nostre esperienze nel mondo.

La riflessione è uno sforzo attivo che si sviluppa a partire dalla percezione di un conflitto, di un’antitesi dialettica tra me stesso ed il mondo esterno.

Questa esperienza avviene fin dalle primissime fasi della vita, è il motore stesso dell’esistenza.

Io intendo relazionarmi con il mondo per conoscere me stesso. E’ un processo che mi porta inevitabilmente allo scontro con la realtà e, solo dopo molti sforzi, può condurmi a raggiungere una sintesi tra me stesso e l’alterità.

Quando si raggiunge un’armonia ideale tra me stesso ed il mondo, si supera ogni antitesi tra soggetto ed oggetto: l’esperienza conseguente coincide con la beatitudine (descritta in ogni cultura con nomi diversi, come estasi, nirvana, illuminazione, ecc.).

La contraddizione della conoscenza di sè.

Il processo per conoscere se stessi è dialettico e contraddittorio: conosco chi sono, paradossalmente, solo tramite ciò che non sono.

L’auto-consapevolezza viene percepita dal soggetto innanzitutto come sentimento, quindi, in modo più elaborato ma meno spontaneo, come pensiero razionale.

L’azione consapevole si manifesta quando sentimento e pensiero divengono, nel singolo individuo, una sintesi unitaria e concreta, attraverso l’attività riflessiva.

Riflettere in modo autentico significa dirigere consapevolmente l’attenzione su un obiettivo, con pieno coinvolgimento emotivo.

Se un soggetto si focalizza in modo intenso e costante su un desiderio da realizzare, questo non potrà che essere raggiunto (purchè siamo liberi da contraddizioni interiori e da incertezze su quello che davvero vogliamo ottenere).

La riflessione non è adeguare passivamente il proprio intelletto ad una verità già data, come nella filosofia tradizionale.

È costruire attivamente, attraverso il dialogo con un’altra persona, una nuova visione di sè e del mondo, personale nella modalità di creazione e universale nei contenuti.

I metodi conoscitivi della spiegazione e della comprensione.

L’uomo dispone di due tipi di conoscenza per far luce su se stesso e sull’altro, come affermato da un filosofo neokantiano, W. Dilthey, e sistematizzato da K. Jaspers nella sua Psicopatologia Generale: spiegazione e comprensione.

Non vi è uno scontro tra le due metodologie: semplicemente, se sto usando una di esse, non posso al tempo stesso utilizzare l’altra.

Attraverso il metodo conoscitivo della spiegazione siamo in grado di analizzare la realtà oggettuale secondo i principi meccanici del naturalismo. Tutte le scienze naturali, comprese quelle attinenti la medicina, utilizzano questa metodologia. Il fine ultimo è quello di ricondurre tutte le esperienze a formule matematiche universali e necessarie.

Nella metodologia della spiegazione non vi è alcun “conflitto” o “problema”. Non vi è alcuna dialettica.

Ad esempio, un’onda del mare che si infrange su una scogliera non implica, di per sè, una volontà del mare di scontrarsi contro lo scoglio (a meno che io, in quanto soggetto, non gliela attribuisca). È un fenomeno naturale, spiegabile attraverso leggi della fisica immutabili e prive di contraddizioni.

La logica dell’identità e la logica della contraddizione.

Il metodo naturale presenta una realtà sempre uguale a se stessa, secondo la logica dell’identità: pur nelle apparenti modifiche dei fenomeni esteriori, l’energia totale naturale resta invariata.

La metodologia della comprensione è invece caratteristica di ogni relazione interpersonale: una volta attribuito il ruolo di soggetto ad un’altra persona, posso immedesimarmi in essa, identificarmi, fino a sentire io stesso quali sentimenti e pensieri l’altro sta provando. Sono sentimenti e pensieri inevitabilmente problematici e contraddittori.

È qui presente una incessante dialettica tra me stesso e l’altro, termine di paragone della mia interiorità.

L’interiorità vive nella logica della contraddizione: io esisto grazie ad una tensione verso ciò che non sono ma aspiro ad essere (ogni omeostasi corrisponde alla morte dell’individuo).

La logica della contraddizione è assente nella metodologia naturalistica, ma è costante nell’essere umano: tutti noi ci sentiamo pervasi da dubbi, incertezze, problemi, che se trascurati e non affrontati possono portare a crisi emotive.

Quali sono le funzioni della spiegazione scientifica e della comprensione emotiva?

Nelle scienze naturali il metodo corretto è quello della spiegazione: dobbiamo spogliare il nostro studio di ogni soggettività e particolarità, in modo che sia coerentemente neutrale e sia riducibile a formule matematiche universali.

In psicopatologia il metodo della spiegazione è utile? E fondamentale per definire le alterazioni biologiche correlate ai disturbi mentali, per le loro classificazioni diagnostiche e l’individuazione di terapie psicofarmacologiche.

Non è invece ottimale per entrare in relazione con il paziente, che, ridotto ad un organismo biologico, appare come un oggetto da riprogrammare anzichè come una persona con cui relazionarsi.

La psicologia della comprensione nasce, invece, dall’esigenza dello psicopatologo di immergersi nei sentimenti e pensieri del paziente, nel suo insieme irripetibile di conflitti, dubbi ed incertezze. Essi, pur nell’unicità nel singolo caso, sono afferrabili dal curante perché riconducibili alle universali problematiche umane.

Il punto di vista della comprensione può far luce sul processo diagnostico e terapeutico del singolo caso clinico ed è fondamentale per conoscere la personalità del soggetto. È il metodo utilizzato in psicoterapia, ma è anche immanente ad ogni relazione interpersonale.

Per approfondimenti sui concetti di consapevolezza e di coscienza dell’Io, si propongono i seguenti articoli:

https://gabrielegiacomini.com/2019/10/06/la-coscienza-dellio/

https://gabrielegiacomini.com/2020/07/29/psicologia-e-dialettica-dei-sentimenti/

Si invita alla lettura dei testi indicati ai seguenti link:

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